PIEMONTE

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Cucina regionale: Piemonte 
Scritto da Chef Silvia
La pianura delle risaie, la collina pedemontana e le valli alpine: la cucina del Piemonte, una delle più ricche e creative tradizioni gastronomiche italiane, accoglie in sé i contributi di queste diverse aree regionali. Tipicamente montanara è invece la tradizione culinaria valdostana. In entrambi i casi, i piatti sono accompagnati da vini noti in tutto il mondo.
La natura varia del Piemonte – la Langa, le colline del Monferrato e del Canavese, la pianura intorno a Novara e a Vercelli, i fiumi, le montagne – si riflette nella varietà della sua cucina, che utilizza carni bovine, selvaggina, verdure, riso, pesce di acqua dolce, formaggi, funghi e tartufi. I due elementi fondamentali della gastronomia piemontese sono il burro – e i prodotti affini quali il latte, la panna, il formaggio – e il vino che non compare soltanto sulla tavola ma entra spesso nella pentola per insaporire le carni, i risotti, le salse. Dall'altra parte degli Appennini e delle Alpi marittime vengono l'olio e il pesce di mare che, pur non essendo ingredienti autoctoni, sono ormai entrati nella tradizione piemontese.
La "bagna caöda" infatti, uno dei più tipici piatti della regione. La ricetta comprende le acciughe, l'olio, il burro, l'aglio e le verdure fresche, cardi, sedani, finocchi, peperoni. Alle acciughe, che devono bollire, non friggere, nell'olio della "s'ciônfeta, l'apposito pentolino con fornelletto, fino a spappolarsi, si aggiunge il burro. In questo intingolo si immergono verdure crude – cardi, peperoni, sedani, carote, finocchi – e cotte, cipolle intere al forno, peperoni abbrustoliti, barbabietole.
Prima del pranzo è abitudine bere il vermut, tipica specialità torinese che, prodotto fin dal 1786 accompagna la ricca gamma degli antipasti: insalata di carne cruda, peperoni con la "bagna caöda", fonduta, insalata di ovuli e tartufi. Altrettanto ricchi e vari sono i primi piatti che propongono minestre, risotti, gnocchi, paste asciutte.
Tra le minestre caratteristici sono il brodo che, come insegna la saggezza popolare, non si rifiuta a nessuno, nemmeno ai condannati a morte (fino al secolo scorso, infatti, la legge prescriveva che allo sventurato, prima di salire al patibolo, fosse concesso un brodo di carne), e la "paniscia", una minestra di riso con lardo, salsicce, verze e fagioli, che conosce una versione novarese e una vercellese. Gli "agnulot" sono ravioli ripieni di carne, salsiccia, verza, tartufo; seguono gli "gnocchi alla bava", cioè filanti di formaggio fuso; il risotto al barolo.
I secondi sono spesso piatti di carne: in testa a tutti sta il brasato al barolo che, secondo l'antica ricetta, dovrebbe marinare nel vino per otto giorni prima della lunga cottura; seguono la cacciagione in "civet", cotta nel vino rosso con spezie e funghi; la pernice e il fagiano con tartufi, la lepre "alla vignarola" cucinata con l'uva, il vino bianco e servita con una salsa ricca di ingredienti; il fritto misto di carni e verdure, semolino dolce e amaretti; il vitello tonnato; il pollo alla Marengo in ricordo di Napoleone che, dopo la vittoria sugli austriaci, avrebbe chiesto da mangiare alla locandiera dell'unica osteria del posto, e questa avrebbe improvvisato un pollo con brodo e verdure, arricchito nelle successive versioni con funghi e tartufi.
Non manca il bollito, che qui si chiama "buii", ed è un misto di carni, di manzo, vitello e maiale. Indispensabili sono la presenza del cotechino e della testina e l'accompagnamento della salsa verde o del "bagnet", la salsa rossa, o anche, se disponibile, la salsa d'uva.
Chi non ama la carne può scegliere la trota alla fiamma, i gamberi d'acqua dolce, il guazzetto di rane. I formaggi sono disponibili in una grande varietà: tomi, tomini, gorgonzola, formaggelle, robioline, la crema di formaggi diversi amalgamati con grappa e vino, e altrettanto ricca è la gamma dei salumi che annoverano il prosciutto di montagna, il salame "d'la duja", conservato sotto strutto in un recipiente di terracotta, il salame d'oca, le salsicce, lo "spalot", spalla di maiale salata.
Sulla tavola non possono mancare i grissini o "ribatà" (o rubatà), non quelli industriali ma quelli artigianalmente prodotti dai panettieri, nati in Piemonte nel Seicento. I dolci hanno un'importanza fondamentale nella gastronomia piemontese: dalla cioccolata (fu portata a Torino dalla Francia nel Settecento), ai biscottini al cacao, ai baci di dama, ai cioccolatini al liquore, ai savoiardi. Ci sono poi le specialità locali: i "brutti-ma-buoni" di Borgomanero, i "cuneesi" al rum di Cuneo, i "pilot" di Oulx, le "reginette" di Omegna, i "bicciolani" di Vercelli, e naturalmente lo zabajone, inventato sul finire del Seicento da un cuoco di Carlo Emanuele duca di Savoia: una miscela di rossi d'uovo, marsala, zucchero e cannella, cotta a bagnomaria, senza mai toccare il punto di ebollizione.

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